Già un po’ di tempo fa era stato raccontato il rapporto tra cambiamenti climatici e produzione vitivinicola in provincia di Torino: l’aumento delle temperature, tanto più marcato proprio nella zona alpina e pre-alpina, da anni sta influenzando profondamente la coltivazione della vite e la vinificazione. Con risultati ambivalenti: una coltivazione più complicata, ma vini potenzialmente migliori. Se cambia il clima, cambia il vino, dunque.
Nell’autunno del 2021 sono stati presentati i risultati della ricerca che evidenziavano rischi per alcuni territori e nuove opportunità per altri. Intanto stava per fare irruzione un altro inverno estremamente mite – l’ennesimo – e decisamente avaro di precipitazioni.
Era quindi il caso di continuare ad approfondire l’argomento.
Siamo andati in Valsusa, dove si registrano anomalie di temperatura molto superiori alla media (dai 3 ai 5 gradi in più). Già oggi ben oltre lo scenario peggiore dei 4 gradi entro la fine del secolo.
Era la prima metà di maggio, ma poteva sembrare fine giugno. Giornata torrida e in parte afosa, con cumuli sulle cime delle montagne ormai prime di neve.
Le temperature elevate non sono più una novità ormai. Qui ancora meno che altrove. Se non altro, in ambito strettamente vitivinicolo, ci sono per lo meno dei margini di adattamento. Ad esempio non si esegue più la sfogliatura, si vendemmia prima, si sperimentano diversi vitigni. Ma è la scarsità d’acqua la nuova insidia. Poche settimane dopo le misure del bilancio di massa al Ghiacciaio Ciardoney saranno drammatiche, anticipando lo scenario complicato che l’agricoltura in pianura dovrà affrontare in estate.
Meno acqua, maggiori problemi.
Eppure qui ci sono le Alpi, che garantiscono da secoli la fertilità della pianura, e il problema sembrerebbe essere lontano. Ma non è così. Le precipitazioni sono diminuite sensibilmente negli ultimi anni in quest’area del Piemonte, perché per la conformazione della Valsusa spesso le perturbazioni atlantiche si traducono in condizioni favoniche – il foehn, il vento caldo – secche e calde. Con caratteristiche di zona quasi semidesertica.
Per i produttori di vino – ma non solo, ovviamente – questo è un problema. La scarsità di acqua e l’elevata temperatura mandano le piante in stress idrico. Ciò significa innanzitutto un discreto tasso di moria di piante nei nuovi impianti e un ritardo dell’entrata di produzione. Ma anche un blocco della biosintesi, con uve che aumentano sensibilmente il grado zuccherino senza diminuire l’acidità, con conseguenti problemi in fase di vinificazione. Ma al di là dei tecnicismi la carenza d’acqua, se strutturale, mette a rischio l’intero reparto, anche perché, cosa non secondaria, l’irrigazione è vietata sulle piante di più di tre anni.
Tavola rotonda al Salone del vino 2023
Il cambiamento climatico impone quindi una riflessione sui disciplinari della produzione dei vini doc, ma anche sulla gestione della risorsa acqua. Se n’è discusso in occasione del Salone del Vino 2023 a Torino, nella tavola rotonda “Cambia il clima, cambia il vino” alla quale hanno preso parte rappresentanti delle principali istituzioni di settore e produttori del territorio.