È notizia di pochi giorni fa: in Islanda si è celebrato il primo caso ufficiale di morte di un ghiacciaio.
In realtà è il primo caso in cui la morte di un ghiacciaio ottiene una rilevanza giornalistica globale, perchè di morti, di scomparse, o come dicono i glaciologi in termini tecnici, di declassificazioni di altri ghiacciai ce ne sono state molte, passate però in silenzio.
Per non parlare di tutti quei ghiacciai – praticamente tutti quelli alpini al di sotto dei 3500 metri – che magari non sono di fatto morti, ma sono purtroppo malati terminali.
Uno di questi è sicuramente il Ghiacciaio della Marmolada, la cui altitudine massima è 3.300 metri. Negli ultimi anni arretra al ritmo di circa 30 metri all’anno e ad occhio non sta molto bene: smagrito, cianotico, scavato, senza forze.
Per il Ghiacciaio della Marmolada la diagnosi è infausta: 20, forse 30 anni, e non ci sarà più traccia del più famoso ghiacciaio delle Alpi orientali e delle Dolomiti. E sulle Alpi occidentali lo scenario non è certo molto diverso. Il Ghiacciaio del Ciardoney, ad esempio, monitorato da oltre 30 anni dalla Società Metereologica Italiana, è condannato a medesimo destino.
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