Per il quinto anno si è svolto il corsi di formazione nazionale sui cambiamenti climatici destinato agli insegnanti delle scuole superiori Ghiaccio Fragile 2020. Naturalmente il corso ha risentito almeno in parte degli effetti della pandemia, dato che le lezioni con gli oltre 120 partecipanti si sono svolte on-line, mentre le uscite sul campo in Val Veny e sul Ghiacciaio del Gigante sul Monte Bianco, sono state aperte ad un numero ristretto di partecipanti.
Proprio per questo si è deciso di produrre alcuni contenuti video da utilizzare sia durante le lezioni a distanza, sia come strumento didattico che gli insegnanti possono riutilizzare con i propri studenti.
1. Il ritiro dei ghiacciai sul Monte Bianco
Il professore dell’Università della Savoia Philip Deline mostra in pochi minuti quanto è accelerato il ritiro dei ghiacciai sul massiccio del Monte Bianco, dagli anni 80 ad oggi. Ad esempio, il Ghiacciaio di Pré de Bar, in Val Ferret, in 40 anni è arretrato di 900 metri, tanti quanti nei 100 anni precedenti. Eppure quello del Monte Bianco è caso fortunato grazie alle correnti atlantiche e alla quota ampiamente superiore ai 3500 metri: qui i ghiacciai resistono più che altrove sulle Alpi, come ad esempio quello della Marmolada, destinato a scomparire entro i prossimi 25/30 anni.
Infatti uno dei punti preoccupanti non è tanto il ritiro in sè dei ghiacciai, fenomeno naturale nato dai cicli di temperatura caldi e freddi, bensì la sua accelerazione, ovvero la dinamica esponenziale di cui gli scienziati trovano evidenze e correlazioni ovunque, dall’atmosfera agli oceani, dalla chimica alla biologia, individuandone l’origine antropica.
2. La sicurezza in montagna
I cambiamenti climatici e il riscaldamento globale hanno ripercussioni anche sull’economia e la frequentazione della montagna: da una parte su allunga la stagione escursionistica ma dall’altra si devono affrontare grosse problematiche con l’innevamento e la sostenibilità della stagione sciistica. Ma soprattutto si verificano con sempre più frequenza fenomeni violenti causati da una temperatura media più alta come crolli, frane, valanghe, colate detritiche e alluvioni e una crescente instabilità del suolo in alta quota (dato dalla degradazione del permafrost). Che uniti ad una maggiore frequentazione della montagna genera un serio problema di sicurezza in montagna.
3. La flora e la fauna alpina.
Anche la vegetazione e gli animali ovviamente risentono delle temperature medie più alte. Si assiste generalmente ad una migrazione delle specie verso l’alto, ma più si sale più lo spazio a disposizione si riduce. Si manifestano quindi delle nuove forme di competizione ma uno dei problemi più grossi è una sorta di disallineamento all’interno degli ecosistemi e delle catene alimentari: piante o pascoli pronti troppo prematuramente, disponibilità di cibo, tipo insetti che non collima con i tempi della nutrizione dei altre specie o con i tempi della gestazione e allattamento della prole. E ancora: parassiti che non muoiono durante l’inverno, lunghi periodi siccitosi, doppi cicli riproduttivi, fine del letargo anticipato eccetera. Insomma, da non scienziato l’impressione è che sia saltato qualche ingranaggio che sembrava superfluo.
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